F.A.Q. – Frequently Ask Questions

Chi è A.d.l.i.?

A.D.L.I. è un’associazione professionale e sindacale datoriale, costituita in base all’art. 39 della Costituzione Italiana e rappresenta i professionisti, le aziende e tutti gli operatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro. L’Associazione, rappresentativa a livello nazionale, è operante in tutti i macrosettori ateco di riferimento e settori dell’ingegneria civile e dell’edilizia, dell’industria, del commercio, dell’artigianato, del terziario, dei trasporti, dell’agricoltura, dei servizi, della Pubblica Amministrazione ed aziende che impiegano nel loro specifico settore l’uso di macchine ed attrezzature. É soggetto formatore nazionale abilitato, ope legis art.8 bis, comma 3 del D.Lgs 626/94, così modificato dal D.Lgs.195/03, Accordo Stato Regioni del 07/007/2016 – g.u. N.193 del 19/08/2016, recepito dal D.Lgs.81/08 art.32 punto 4, e dagli Accordi Stato Regioni del 21/12/2011 e del 22/02/2012, nella sua qualità di associazione sindacale.

Chi è la Fondazione?

La Fondazione Asso Safe rappresenta un ente/società che, nell’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale, si prefigge come scopo la promozione, l’istruzione e la divulgazione delle conoscenze in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, anche mediante l’istituzione di centri di ricerca.

Grazie al suo fondatore, il Geometra Mattia Mingardo, la Fondazione rappresenta oggi un punto di riferimento importantissimo per tutti i centri di formazione che si sviluppano sull’intero territorio nazionale, fornendo loro servizi utili e strumenti validi per supportare la consulenza dei professionisti incaricati della formazione presso le aziende.

Asso Safe è inoltre una realtà impegnata, con molteplici iniziative, nel sociale. Esempio notevole è rappresentato dal progetto FRENA IL BULLO, con il quale la Fondazione attua una campagna di sensibilizzazione contro bullismo e cyberbullismo attraverso una serie di incontri educativi rivolti ai ragazzi delle scuole medie superiori di secondo grado, con l’obiettivo generale di contribuire, attraverso l’informazione mirata, allo sviluppo della cultura della diversità, al riconoscimento identitario dell’altro e, soprattutto, ad una presa di coscienza e di consapevolezza su come comportamenti denigratori, atti vessatori o l’uso improprio del web, possano ledere la persona, sia dal punto di vista fisico che psichico.

Il rapporto che intercorre tra l’associazione A.d.l.i. e la Fondazione Asso Safe

La “Fondazione Asso.Safe” ha creato, col tempo, un rapporto di collaborazione esclusiva con A.D.L.I., istituendo anche un centro di ricerca, per garantire a tutte le sedi (sia regionali che territoriali) di poter erogare la formazione secondo quanto previsto dalle vigenti normative in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso strumenti in costante aggiornamento e perfezionamento volti all’adeguamento continuo alle riforme legislative di settore. Tra gli strumenti messi a disposizione dall’associazione A.d.l.i. ricordiamo soprattutto 81fad.com, Piattaforma e–learning creata nel rispetto degli standard previsti dall’Accordo Stato-Regioni del luglio 2016, che consente ai centri di formazione della Fondazione Asso Safe, laddove prevista, di erogare la formazione a distanza ai propri clienti. Con contenuti in continuo aggiornamento e lo studio costante della normativa, la piattaforma 81fad.com si prefigge lo scopo di rendere l’apprendimento delle nozioni fondamentali sulle tematiche della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro quanto più facili e accessibili possibile.

Com’è considerata la rappresentatività?

Per definire la RAPPRESENTATIVITA’, vista la carenza dell’ordinamento, bisogna rifarsi ad orientamenti dottrinali e, soprattutto, giurisprudenziali. Infatti, prima dell’intervento legislativo apportato nel 1970 dalla Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori), l’unico riferimento normativo ai fini della individuazione dei sindacati maggiormente rappresentativi era dato dall’art. 39 Costituzione, che individuava come unico parametro la consistenza associativa.

In altre parole, la norma costituzionale attribuisce ai sindacati, previa registrazione, il potere di stipulare contratti collettivi di lavoro vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti alla categoria cui il contratto si riferisce, e ciò nell’ambito di una delegazione unitaria di tutti i sindacati registrati, ognuno rappresentato in proporzione ai propri iscritti.

La mancata attuazione dell’articolo nei commi 2 e seguenti (e in parte la mancata disciplina legislativa della registrazione) ha inevitabilmente vanificato la norma.

Con lo Statuto dei lavoratori (Legge 300/1970), la nozione di sindacato maggiormente rappresentativo viene riconosciuta soltanto ai sindacati in possesso dei requisiti di cui all’art. 19, i quali hanno la possibilità di costituire le RSA (Rappresentanze Sindacali Aziendali) che possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori nelle imprese industriali e commerciali con più di 15 dipendenti in ciascuna unità produttiva, oppure nell’ambito dello stesso comune.

E’ evidente come il riconoscimento di tali diritti solo ad alcune organizzazioni sindacali (più precisamente a quelle in possesso dei requisiti di cui al citato art. 19) abbia posto il problema di una sua compatibilità con l’art. 39 comma 1 della Costituzione, che invece prevede un diritto incondizionato di organizzazione sindacale.

La Corte Costituzionale, con le sentenze n. 54 del 1974, n. 334 del 1988 e n. 30 del 1990, ha affermato la legittimità della selezione dei sindacati rappresentativi, a cui attribuire diritti e prerogative ulteriori rispetto quelli attribuiti a tutte le organizzazioni sindacali, se tale selezione ha luogo in virtù di elementi giustificativi rispondenti a criteri di ragionevolezza.

Il criterio della rappresentatività, come strumento selettivo, secondo l’orientamento della Corte, è quello che il legislatore ritiene più idoneo a favorire l’aggregazione e il coordinamento “degli interessi dei vari gruppi professionali, di sintesi delle varie istanze rivendicative e di raccordi con lavoratori non occupati”, e quindi permettere “l’ordinato svolgimento del conflitto sociale”.

L’art. 19 dello Statuto dei lavoratori non fornisce alcuna indicazione utile alla definizione del sindacato maggiormente rappresentativo, limitandosi a disporre (prima della parziale abrogazione) che le RSA possono essere costituite, tra l’altro, nell’ambito delle “associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale”. Era dunque inevitabile che la definizione del sindacato maggiormente rappresentativo fosse demandata alla giurisprudenza, le cui pronunce sul punto sono numerose.

In un primo momento, la giurisprudenza indicava come decisivo per la soluzione del problema lo strumento del fatto notorio ex art. 115, co. 2 c.p.c.

In altre parole, in una situazione storica caratterizzata dalla preponderante e quasi indiscussa adesione dei lavoratori alle tre storiche confederazioni sindacali (CGIL, CISL e UIL), era considerato, appunto, fatto notorio che questi sindacati fossero maggiormente rappresentativi.

Altre sentenze dello stesso periodo però facevano riferimento al dato numerico di iscritti, considerando tuttavia non sufficiente tale dato se considerato da solo.

Successivamente, la giurisprudenza ha tentato di dare sistematicità ai criteri adottati tenendo conto, oltre al numero di iscritti, anche della consistenza associativa su tutto l’arco delle categorie (o buona parte di esse), nonché della diffusione territoriale.

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 06/03/1974 n. 54, ha sottolineato l’importanza dell’effettività della rappresentatività, avendo come parametro la capacità rappresentativa o esponenziale della confederazione, prescindendo dal livello territoriale ed essendo sufficiente una considerevole dimensione.

A partire dagli anni 80, è stata attribuita specifica rilevanza alla partecipazione dell’organizzazione sindacale alla stipula dei contratti collettivi, in combinato con il principio della capacità rappresentativa, affermando così un nuovo principio cui anche la dottrina avrebbe aderito.

A tale orientamento della Cassazione si sono poi affiancate anche diverse pronunce nel merito, rendendo quindi ormai definitiva la scelta giurisprudenziale (nonché dottrinale) di appoggiare tale nuovo orientamento. Talora si è addirittura giunti ad affermare che la semplice sottoscrizione era sufficiente ad indicare un elevato indice di rappresentatività, anche se tale conclusione è stata presto smentita dalla stessa giurisprudenza di merito.

Seguendo queste ultime indicazioni, nella fondamentale sentenza del 30/3/98 n. 3341 la Corte di Cassazione sosteneva che è maggiormente rappresentativa (ai sensi dell’art. 19 lett. a Statuto dei lavoratori) la confederazione che:

  • abbia l’adesione d’organizzazioni di vari settori dell’industria, del terziario e del pubblico impiego, con un numero non esiguo di aderenti (il dato numerico, ai fini della verifica di un’equilibrata distribuzione tra i settori, non è in sé decisivo quando sia in ogni modo osservabile un’apprezzabile consistenza organizzativa);
  • abbia diffusione territoriale (desumibile anche dalle attestazioni della PA, dal Ministero del Lavoro, o, comunque, dagli stessi accertamenti giudiziari);
  • abbia diretta implicazione in conflitti di lavoro o in azioni per l’organizzazione di scioperi.

La giurisprudenza ha anche precisato che gli indici di cui sopra rilevano in sé e oggettivamente, a prescindere da qualsiasi comparazione con altre confederazioni sindacali: ciò evidentemente comporta la possibilità che la maggiore rappresentatività possa essere riconosciuta anche a confederazioni sindacali significativamente più piccole rispetto ai sindacati storici.

Misurazione della rappresentatività

Il 31 maggio 2013 è stato firmato un importante Protocollo d’intesa tra Confindustria e le confederazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, in materia di rappresentanza e rappresentatività per la stipulazione di contratti collettivi nazionali di lavoro.

Detto Protocollo è volto a dare attuazione ai principi già contenuti nell’Accordo Interconfederale 28 giugno 2011 stipulato tra le medesime parti.

La principale novità delle intese recentemente raggiunte tra le parti sociali consiste nella fissazione di criteri oggettivi per la misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, utile al fine di individuare le organizzazioni legittimate a negoziare e stipulare contratti collettivi nazionali di categoria.
In particolare, l’Accordo del 2011 prevede che siano ammesse ai tavoli negoziali le sole organizzazioni sindacali che rappresentino almeno il 5% del totale dei lavoratori della categoria cui si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro (punto 1 dell’Accordo).

Al fine di stabilire la “quota” di rappresentatività espressa dalla singola organizzazione, utile per l’ammissione alla contrattazione collettiva nazionale (allorché sia superata, o quanto meno raggiunta, la suddetta soglia del 5%), occorrerà determinare la media semplice fra la percentuale degli iscritti (sulla totalità degli iscritti) e la percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle RSU (sul totale dei votanti) – punto 5 del Protocollo d’Intesa in tema di Misurazione della rappresentatività.
Il numero degli iscritti alla singola organizzazione sindacale verrà acquisito e certificato dall’INPS, tramite un’apposita sezione nelle dichiarazioni aziendali (Uniemens), predisposta a seguito di convenzione fra l’Inps e le parti stipulanti l’accordo.

Ai fini della misurazione del voto espresso da lavoratrici e lavoratori nella elezione della RSU, invece, varranno esclusivamente i voti assoluti espressi per ogni organizzazione sindacale aderente alle Confederazioni firmatarie del Protocollo di Intesa (CGIL, CISL e UIL).
Lo stesso criterio si applicherà alle RSU in carica, elette cioè nei 36 mesi precedenti la data in cui verrà effettuata la misurazione. Laddove siano presenti RSA, ovvero non vi sia alcuna forma di rappresentanza, sarà rilevato il solo dato degli iscritti (deleghe certificate) per ogni singola organizzazione sindacale (punto 3 del Protocollo d’Intesa in tema di Misurazione della rappresentatività).
Ancora in tema di rappresentatività, va poi segnalato che con il Protocollo di Intesa del 31 maggio 2013 le parti sociali hanno pattuito che, ai fini della sottoscrizione dei contratti collettivi nazionali di categoria, deve essere favorita la presentazione di piattaforme unitarie, ma che, in caso di disaccordo tra le organizzazioni sindacali che partecipano alla trattativa, il datore di lavoro deve promuovere l’avvio della negoziazione sulla base della piattaforma presentata da quelle organizzazioni che hanno complessivamente nel settore un livello di rappresentatività pari al 50% più uno.
Inoltre, viene stabilito che i CCNL, stipulati dalle organizzazioni sindacali che nel settore vantano complessivamente un livello di rappresentatività superiore al 50%, sono efficaci per la generalità dei lavoratori e vincolano tutte le organizzazioni sindacali aderenti alle Confederazioni firmatarie del Protocollo stesso. Tuttavia, è necessario che questi contratti vengano prima sottoposti a una consultazione certificata dei lavoratori, con approvazione a maggioranza semplice (Punto 3 del Protocollo, in tema di Titolarità ed efficacia della contrattazione).

A tali Accordi è stata data attuazione con il T.U. sulla rappresentanza siglato da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil il 10 gennaio 2014.

Nel T.U. viene confermato che ai fini della misurazione e certificazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali, si deve fare riferimento sia al dato associativo che al dato elettivo. Inoltre, vengono specificate le modalità operative attraverso le quali il datore di lavoro può procedere alla rilevazione del numero delle deleghe dei dipendenti iscritti alle organizzazioni sindacali di categoria.
In particolare, la raccolta delle deleghe deve avvenire tramite l’utilizzo di un apposito modulo suddiviso in due parti: la prima, contenente l’indicazione del sindacato beneficiario, deve essere trasmessa dal lavoratore al datore di lavoro; la seconda, invece, deve essere trasmessa, sempre dal lavoratore, al medesimo sindacato.

Le imprese sono tenute ad accettare anche deleghe a favore di quelle organizzazioni sindacali di categoria che aderiscono e si obbligano a rispettare i contenuti del T.U., dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo 31 maggio 2013.

Tramite un’apposita convenzione stipulata tra l’INPS e le parti firmatarie del T.U., è stata prevista l’introduzione, nelle dichiarazioni mensili Uniemes, di una sezione dedicata alla rilevazione del numero di deleghe relative a ciascun ambito di applicazione dei CCNL. Affinché ciò fosse possibile, il T.U. ha previsto che le organizzazioni sindacali firmatarie procedessero alla catalogazione e all’attribuzione di un codice identificativo sia ai CCNL che alle organizzazioni sindacali di categoria interessate a partecipare alla rilevazione del proprio grado di rappresentatività.

Il datore di lavoro, tramite il modulo Uniems, indica nella sezione dedicata: il codice attribuito dalle OO.SS. al CCNL applicato, il numero delle deleghe ricevute per ogni singola O.S. di categoria (con relativo codice identificativo) e la forma di rappresentanza presente nelle unità produttive con più di 15 dipendenti. Il dato associativo, dunque, viene determinato dall’INPS dividendo il numero complessivo delle rilevazioni mensili per dodici.

Per quanto riguarda la determinazione del dato elettorale, il T.U. ha chiarito che esso deve essere dedotto dai verbali relativi alle elezioni periodiche delle RSU trasmessi dalle apposite Commissioni elettorali al Comitato Provinciale dei Garanti. Quest’ultimo provvede a raccogliere tutti i dati relativi alle RSU, li raggruppa per ciascuna organizzazione sindacale di categoria e li trasmette al CNEL.
Il CNEL, a sua volta, provvede alla ponderazione del dato elettorale con quello associativo, determinando la media semplice tra la percentuale degli iscritti e quella dei voti ottenuti nelle elezioni delle RSU. Questi dati sulla rappresentanza sono utilizzabili, oltre che per la determinazione della soglia del 5%, anche ai fini della verifica della maggioranza prevista per la sottoscrizione del CCNL e per la presentazione delle piattaforme.
Infatti, per quanto riguarda l’efficacia generalizzata dei CCNL, il T.U. ha confermato le previsioni relative alla rappresentatività delle organizzazioni sindacali contenute nel Protocollo del 31 maggio 2013.
Dunque, sono autorizzate a partecipare alla negoziazione dei CCNL le Federazioni delle OO.SS. firmatarie del T.U., dell’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo del 31 maggio 2013, che hanno, nell’ambito di applicazione del relativo CCNL, una rappresentatività non inferiore al 5%. Il datore di lavoro deve favorire l’avvio delle trattative sulla base di piattaforme unitarie o, in difetto di queste, di piattaforme presentate da organizzazioni che complessivamente hanno una rappresentatività nel settore pari al 50% più uno. Infine, I CCNL sottoscritti dalle OO.SS. che vantano una rappresentatività pari almeno il 50% più uno nel settore di riferimento possono essere sottoposti ad una preventiva consultazione certificata da parte dei lavoratori, in seguito alla quale divengono direttamente efficaci ed esigibili sia per l’insieme dei dipendenti che per tutte le organizzazioni aderenti alle parti firmatarie del T.U.
Al contrario, coerentemente con la sentenza della Corte Costituzionale n. 231/2013, il T.U. ha chiarito che la rappresentatività delle organizzazioni sindacali rilevante ai fini dell’attribuzione dei diritti sindacali non è desumibile dalla mera sottoscrizione di un contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, bensì dalla partecipazione alla negoziazione dello stesso.

Pertanto, il T.U. ha chiarito che si intendono partecipanti alle trattative le organizzazioni sindacali che:
– hanno raggiunto il 5% di rappresentanza (secondo i criteri stabiliti nello stesso T.U.),

  • hanno partecipato alla negoziazione in quanto hanno contribuito alla definizione della piattaforma,
  • hanno fatto parte della delegazione trattante l’ultimo rinnovo del CCNL.

Cos’è un ente bilaterale?

La definizione di ENTE BILATERALE è contenuta nell’art. 2, lettera h, del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n. 276, relativo alla “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30” . Tale articolo definisce l’Ente bilaterale come

organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; l’intermediazione nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l’integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento”.

cioè come una associazione senza scopo di lucro, costituita da sindacati e organizzazioni datoriali e imprenditoriali, al fine di favorire il principio di bilateralità menzionato nella parte iniziale dell’articolo, cioè favorire i rapporti tra sindacati e datori di lavoro, e creare condizioni di lavoro migliori per i lavoratori.

Di quali C.C.N.L. è firmataria A.d.l.i.?

L’associazione A.d.l.i. è firmataria di ben 11 CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI DEL LAVORO conclusi nei seguenti settori:

  • PULIZIE
  • IMPRESE DI FACÒN DELL’ARTIGIANATO, DELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE E DELLA COOPERAZIONE
  • FACILITY MANAGEMENT
  • METALMECCANICO
  • AGRICOLTURA
  • CHIMICA
  • COMMERCIO E SERVIZI
  • AUTOTRASPORTI E SPEDIZIONE MERCI
  • SICUREZZA
  • TURISMO
  • EDILIZIA

Con chi?

A.d.l.i. ha firmato i suddetti contratti con FAMAR, (Federazione Autonoma dei Movimenti Associativi di Rappresentanza), associazione sindacale a carattere nazionale che, con la vittoria dei referendum abrogativi del 1995 in Italia, e la successiva “nuova” libertà sindacale, che ha eliminato l’esclusività per legge di alcune Rappresentanze sindacali e trattenute sindacali esclusive solo per alcuni sindacati, nel 2015 vent’anni dopo il primo CCNL, assieme ad A.D.L.I., ha dato l’avvio ad una serie di Contratti innovativi alternativi a quelli dei sindacati che fino al 1995 detenevano ingiustamente il monopolio della contrattazione.

A.d.l.i. è co-fondatrice di Confederazioni?

Assolutamente si.

L’associazione A.d.l.i., con Atto Costitutivo del 13 settembre 2018, registrato presso l’Agenzia delle Entrate di Pescara in data 19 settembre, ha costituito, insieme con AS.SI.DA.L e UNAPRI, la Confederazione Italiana Datoriale Attività Lavorative in sigla “CONFIDAL”, nata con lo scopo di unire le forze tra due realtà associative datoriali ed una professionale che operano negli stessi ambiti per meglio promuovere, organizzare ed implementare sia gli scopi sociali delle parti costituenti la confederazione stessa, sia per offrire servizi integrativi ed assistenziali utili alla crescita professionale degli iscritti alle associazioni promotrici della confederazione.

E’ portatrice di O.P.?

A.d.l.i., inoltre è istitutrice di organismi paritetici.

Cos’è un organismo paritetico?

Per organismo paritetico l’art. 2 del d. lgs. 81/08, al punto ee) intende “organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per:

  1. la programmazione di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini
    prevenzionistici;
  2. lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro;
  3. l’assistenza alle imprese finalizzata all’attuazione degli adempimenti in materia;
  4. ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento”.

Quali organismi paritetici ha creato A.d.l.i?

A.d.l.i. è cofondatrice dei seguenti organismi paritetici:

O.P.I.N. – Si occupa delle politiche nazionali in materia di formazione e sicurezza sul lavoro con compiti di gestione in attuazione di quanto previsto dal D.lgs. 81/2008 e s.m.i. .

O.P.N.E. (Organo Paritetico Nazionale Edilizia) – Organismo Paritetico Nazionale Ebilter OPNE è un ente con natura giuridica di associazione non riconosciuta.

L’OPNE attua la propria funzione di coordinamento favorendo delle informazioni in materia di salute e sicurezza nell’ambito della rete degli organismi paritetici (OPTE e OPPE) e nei confronti delle istituzioni.
L’OPNE partecipa, nei tempi e nei modi stabiliti dal Decreto di cui all’art.8, comma 4, del D.Lgs. 81/2008 e smi, al Sistema Informativo Nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro così come previsto dallo stesso art. 8, del D.Lgs. 81/2008 e smi.

L’OPNE partecipa, mediante l’intervento diretto delle Associazioni Datoriali e delle Organizzazioni Sindacali, all’attuazione delle funzioni previste all’art.52, sulla base delle risorse provenienti dalla costituzione e finanziamento del Fondo di sostegno di cui lo stesso articolo.

Inoltre OPNE può svolgere ulteriori attività, nell’ambito della promozione della salute e della tutela della sicurezza, quali attività formative o di accreditamento della formazione, o attività di asseverazione di modelli di gestione della sicurezza aziendale, in rapporto con organismi, pubblici e privati, internazionali e nazionali.

O.N.P.A.C.  (Organo Nazionale Paritetico Adli Confamar) – è un organismo paritetico istituito ai sensi dell’art. 51 d. lgs. 81/08 operante a livello nazionale che ha, tra i vari compiti assegnati dalla normativa, quello di “supportare le imprese nell’individuazione di soluzioni tecniche ed organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro” e – in quest’ottica – collaborare nelle attività formative eseguite nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività dei datori di lavoro ai fini dell’attuazione delle vigenti disposizioni di legge in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Quanti iscritti ha A.d.l.i.?

L’associazione A.d.l.i. conta, ad oggi, 6.497 iscritti ma il numero è in continuo aumento in quanto si registra una media di adesioni sempre più alta. Dato emblematico si è registrato nei primi tre mesi del 2019, periodo durante il quale si è registrato un incremento degli iscritti pari, all’incirca, a 300.

A.d.l.i. è promotrice di eventi sociali?

L’Associazione A.D.L.I., nel rispetto dei principi solidaristici e di aggregazione sociale posti alla base del suo statuto, insieme con la Fondazione Asso.Safe ed il S.I.A.P. (Sindacato Italiano Appartenenti Polizia di Stato) è promotrice dell’iniziativa FRENA IL BULLO, un progetto di informazione sul bullismo e sul cyberbullismo. L’iniziativa si sviluppa attraverso una serie di incontri educativi rivolti ai ragazzi delle scuole medie superiori di secondo grado, sia pubbliche che private, presenti sul territorio nazionale, con l’obiettivo generale di contribuire, attraverso l’informazione mirata, allo sviluppo della “cultura della diversità”, al riconoscimento Identitario dell’Altro e, soprattutto, ad una presa di coscienza e di consapevolezza su come comportamenti denigratori, atti vessatori o l’uso improprio del web, possano ledere la persona, sia dal punto di vista fisico che psichico.

I contratti collettivi nazionali godono del riconoscimento dell’ente INPS?

I CONTRATTI COLLETTIVI NAZIONALI DEL LAVORO sottoscritti dall’associazione A.d.l.i. godono del riconoscimento dell’INPS come da circolare n. 1168 del 21/03/2019.

A.d.l.i. è iscritta nell’elenco dei soggetti formatori per la sicurezza istituiti presso le Regioni che lo hanno istituito?

L’associazione A.d.l.i. è un organismo di formazione riconosciuto in maniera diretta quale soggetto formatore abilitato all’erogazione di corsi in materia di salute e sicurezza di cui al D. Lgs. 81/08 nelle Regioni che hanno istituito un apposito Registro.

A tal proposito si sottolinea oltrettutto che, dopo aver presentato un contratto del settore edilizia, con Circolare n. 7030/A1409A del 20/03/2017, A.d.l.i. è stata iscritta anche all’elenco dei soggetti formatori abilitati all’erogazione dei corsi di formazione in materia di ponteggi, funi, gru a torre, pompe di calcestruzzo, gru mobili, mmt, coordinatori per la sicurezza istituito dalla Regione Piemonte.

A.d.l.i. svolge la propria attività evitando di trarre in inganno i propri iscritti con acronimi che riconducono ad autorevoli associazioni già esistenti da tempo?

Assolutamente si; l’acronimo A.d.l.i. fu scelto dai soci fondatori per evitare qualunque tipo di commistione con altre associazioni datoriali. D’altronde l’associazione A.d.l.i., come si può facilmente evincere dal codice etico basa la propria attività sui principi:

  1. Dellalegalità, caposaldo e principio cardine che regola la nascita e la vita dell’Associazione, cui i destinatari sono tenuti al rigoroso rispetto, così come sono tenuti a rispettare i regolamenti, le procedure e le istruzioni aziendali, quali attuazioni di obblighi normativi.
  2. Della correttezza e integrità. Di fondamentale importanza è che gli scopi associativi siano perseguiti con onestà, correttezza e responsabilità.
  3. Della trasparenza, intesa come chiarezza, completezza e pertinenza delle informazioni riguardanti l’attività sociale, ed in particolare quelle attinenti lagestione e utilizzo delle risorse finanziarie, sia verso l’interno sia verso l’esterno.

Tali principi hanno da sempre contraddistinto l’operato di A.d.l.i. che, sin dalla nascita, è riuscita sempre, in maniera diretta, a conseguire riconoscimenti e rappresentatività, evitando vie terze e poco trasparenti.